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CONCLAVE E CARDINALI IN TV. LO SPIRITO SANTO RESTA IN PANCHINA

 In questi giorni stiamo assistendo all’attenzione del mondo sull’evento del Conclave che come sempre segna, non solo il passaggio di testimone da un Papa all’altro, ma è soprattutto un tempo di riflessione sulla Chiesa che si sviluppa a partire dall’analisi delle problematiche e della ricchezza interna alla Chiesa stessa e dal suo rapporto con il mondo da evangelizzare. 

     Come spesso accade in questi giorni siamo diventati tutti vaticanisti, ecclesiastici, bookmakers, papalini più del Papa, ma anche sempre meno ecclesiali cedendo alla tentazione dei totonomi, delle analisi spicciole su questo o quell’altro pontificato. 

     Insomma, l’immagine che più si avvicina alla descrizione di Chiesa che si vede nei media, anche attraverso la voce di preti e vescovi che non riescono a rinunciare al fascino dello schermo, è quella di uno stadio dove i tifosi assistono all’esonero da parte del buon Dio di un allenatore e alla ricerca da parte della “società” di un uomo con possibili caratteristiche vincenti. E poco importa se lo Spirito Santo rimane in panchina. 

     I cardinali hanno un compito bene preciso: ascoltare la voce dello Spirito Santo che indicherà alla Chiesa la strada da seguire per essere credibile e per annunciare ancora con forza il Vangelo di Gesù Cristo. 

     Il clamore mediatico non è solo frutto dei tempi moderni, è la conseguenza di una scelta operata negli anni, forse in buona fede, per dare alla Chiesa un posto all’interno di un universo moderno, comprensibile anche ai più lontani, dialogante con gli strumenti più vicini all’uomo di oggi. 

     Questa mediaticità ha portato ad un apparente consenso, a critiche aspre, ad una visibilità che vuole infrangere perfino le barriere del Mistero, ma quanto è servita all’annuncio del Vangelo? Quanti possono dire che grazie a questa nuova metodologia di comunicazione si sono lasciati toccare dalla Grazia, si sono convertiti, sono stati consolati, hanno trovato o riscoperto la fede? I non credenti che si pensa oggi siano più vicini, quale Chiesa ammirano? Quella fatta di uomini carismatici o quella che, a prescindere dagli uomini più o meno carismatici, opera lontano dai riflettori, nelle parrocchie, nelle mense Caritas, negli ospedali, nelle case di risposo, nei luoghi di preghiera, nei monasteri, nell’accompagnamento quotidiano e costante di bambini, giovani, famiglie …? 

     Io penso che oggi abbiamo bisogno di una Chiesa che, sì sappia dialogare con il mondo attraverso l’utilizzo dei suoi strumenti, ma che sappia anche vivere il silenzio come luogo in cui Dio continua a rivelarsi e a far sentire la voce dello Spirito Santo. 

 Forse avremo una Chiesa con qualche follower in meno e con qualche cristiano consapevole in più.

Don Giuseppe Amato
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Classe 1980, entra in Seminario nel 1994. Conseguita la maturità classica, frequenta la Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia “S. Giovanni Evangelista” a Palermo dove ottiene il Baccalaureato in S. Teologia. Dal 2006 al 2009 studia Mariologia presso la Pontificia Facoltà Teologica “Marianum” a Roma. Ordinato sacerdote il 5 maggio 2007. In atto, Responsabile Diocesano del Servizio di Pastorale Sociale del Lavoro, Parroco delle Parrocchie S. Nicolò e San Cataldo (Gangi), Rettore del Santuario dello Spirito Santo (Gang), Vice Direttore regionale dell'Ufficio di Pastorale Sociale e del lavoro della Conferenza Episcopale Siciliana.

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