Delle due l’una: o a Roma non sanno cosa fanno, oppure a Palermo qualcuno si diverte a rimettere insieme i cocci delle loro decisioni. Perché tutto ciò che il governo Meloni abolisce, Schifani lo rispolvera in versione mignon.
È una commedia perfetta: le stesse forze politiche che a Roma esaltano il “cambiamento” qui in Sicilia celebrano la “restaurazione”.
La Meloni cancella, Schifani ricuce. Lei smonta, lui reincolla.
E ogni volta il risultato è lo stesso: misure troppo piccole per essere efficaci, troppo improvvisate per essere credibili.
Prendiamo la Decontribuzione Sud, abolita inopinatamente dal governo nazionale dopo aver funzionato: la Regione la ripropone, ma in scala ridotta, come un modellino di treno che non parte mai.
Oppure le Zone Economiche Speciali, eliminate da Roma e rimesse in piedi con dieci milioni — quanto basta per rifare la segnaletica, non per attrarre investimenti.
E ancora: il Reddito di povertà, versione povera (in tutti i sensi) del Reddito di cittadinanza. Perfino il Superbonus, indicato da Meloni come la causa di ogni male economico, qui riappare al 50%, come un fantasma del passato che nessuno ha il coraggio di scacciare.
Insomma, la propaganda nazionale grida al nuovo inizio, mentre quella regionale si entusiasma per il grande ritorno. Un gioco delle parti surreale, dove “modernizzare” significa abolire e “difendere” significa copiare.
E così la Sicilia si ritrova nel mezzo, laboratorio del paradosso politico: un governo che promette il futuro a Roma e rispolvera il passato a Palermo.
Cambiano gli slogan, restano le stesse mani a impugnare il pennello della restaurazione.
Presidente Fondazione Italiana Autismo (FIA). Presidente del gruppo Italia Viva - Il Centro - Renew Europe alla Camera dei Deputati.
