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LE PAGELLE DELLA SANITA’: SCHIFANI ANCORA PEGGIO DI MUSUMECI!

La Fondazione GIMBE ha presentato il rapporto sui Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) nelle diverse regioni italiane, rapporto che ha generato un ampio dibattito nazionale, con ampia eco sulla stampa e nei media, poiché fotografa con crudezza lo stato reale dei sistemi sanitari regionali.

L’analisi del GIMBE ci consegna un’Italia spaccata e un Sud ancora una volta in affanno. Solo 13 regioni e province autonome su 21 hanno raggiunto gli standard minimi nel 2023, e la forbice Nord–Sud rimane intatta.

In cima alla classifica si collocano il Veneto (con 288 punti su 300!), la Toscana, l’Emilia-Romagna, la provincia di Trento e il Piemonte; Umbria e Lombardia. In coda troviamo la Valle d’Aosta con 165 punti e subito sopra la Sicilia, inchiodata a 173, con un crollo di 11 rispetto al 2022.

Otto regioni hanno peggiorato la propria performance, e fra queste la Sicilia è l’emblema di una regressione che non lascia alibi. Il confronto con chi è riuscito a risalire la china è impietoso: Calabria segna un +41 punti, Sardegna un +26.

Altrove si è dimostrato che la volontà politica e organizzativa può tradursi in numeri concreti; in Sicilia no.

L’analisi dei tre ambiti mostra come l’isola fallisca nella prevenzione e nell’assistenza territoriale, mentre il comparto ospedaliero riesce solo parzialmente a limitare i danni. Il risultato è la bocciatura in due aree su tre, con la Regione dichiarata inadempiente.

Inutile arrampicarsi sugli specchi: quando il quadro nazionale offre margini di miglioramento e la risposta è un arretramento, la responsabilità non può che ricadere sulla governance attuale.

L’effetto Schifani si traduce nei fatti: un peggioramento documentato, certificato dai numeri, non dalla propaganda. Già la Sicilia navigava nei bassifondi della classifica con Musumeci (e Razza), le performance sono peggiorate con Schifani ed i suo fedelissimi assessori, Volo e Faraoni.

A questo scenario già fosco si aggiunge la fragilità digitale: il Fascicolo Sanitario Elettronico, che avrebbe dovuto essere il collante della continuità assistenziale, rimane un guscio vuoto. Solo il 36% degli specialisti ospedalieri siciliani è abilitato ad accedervi, contro il 72% della media nazionale; meno dell’11% dei cittadini del Mezzogiorno lo utilizza attivamente.

Il confronto con le altre Regioni rende la fotografia ancora più amara: la Valle d’Aosta dimostra che le piccole dimensioni non garantiscono qualità; il Veneto mostra che l’eccellenza nasce da uniformità e disciplina gestionale; Calabria e Sardegna insegnano che persino chi parte da lontano può guadagnare terreno.

Per la Sicilia la lezione è brutale: il 2023 non rappresenta solo un fallimento, ma un’occasione persa per invertire una traiettoria ormai consolidata. L’Italia sanitaria resta divisa, e l’isola si colloca stabilmente nella parte sbagliata della classifica, anzi peggiora. La conclusione è tanto semplice quanto corrosiva: se l’esame è facile e si fallisce, il problema non è l’esaminatore.

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Già professore ordinario di Gastroenterologia dell’Università di Palermo e Direttore dell’UOC di Gastroenterologia del’AOUP “P. Giaccone”

Ingegnere, professore universitario, già rettore dell'Università di Palermo, nonno. E' stato candidato alla carica di governatore della Regione siciliana nel 2017 con la coalizione di centrosinistra.

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