“Libera, voglio essere libera…”
Lo canta Giulia Mei. E lo gridiamo anche noi.
Oggi, lo gridiamo per Martina. Per tutte.
Martina aveva solo 14 anni.
È uscita di casa per prendere un gelato.
Due giorni dopo, il suo corpo è stato trovato in un edificio abbandonato ad Afragola.
Uccisa a colpi di masso.
Uccisa dal suo ex ragazzo, 18 anni, che ha confessato.
Non accettava la fine della loro relazione.
Un altro femminicidio.
Un’altra storia di possesso.
Un’altra dimostrazione di quanto la diseducazione emotiva e sociale possa uccidere.
Perché sì, ci sono cose che possiamo – e dobbiamo – fare.
A livello personale possiamo Informarci e informare sui segnali della violenza; parlare di rispetto, consenso, parità, libertà – ovunque: in famiglia, a scuola, tra amici.
A livello sociale e politico/istituzionale possiamo partecipare e promuovere eventi di sensibilizzazione; sostenere i centri antiviolenza; introdurre l’educazione sentimentale nelle scuole; pretendere leggi serie e strutturate, che non si limitino al simbolico ma affrontino prevenzione e protezione con risorse vere.
Sono rimasta esterrefatta dalle recenti dichiarazioni del Ministro della Giustizia Carlo Nordio che, durante un intervento al Senato, ha messo in dubbio l’efficacia dei braccialetti elettronici arrivando a suggerire che in caso di allarme la vittima debba cercare rifugio in chiese o farmacie.
Cerco di dirlo senza offendere: in una democrazia come la nostra, la lotta alla violenza non può essere lasciata alla buona volontà delle vittime.
Non è un fatto privato. Deve essere una responsabilità pubblica, garantita da scelte politiche, risorse, leggi efficaci e formazione culturale continua.
La violenza sulle donne è un fatto culturale, sistemico, che nasce anche dalle disparità di opportunità, dai ruoli imposti, dai riconoscimenti mancati.
Io sono una donna libera. Ho 40 anni. Ho avuto paura, spesso, quando uscivo sola la sera. Ho sgomitato e urlato, sempre: dalla scuola all’università, dall’associazione alla militanza, fino alla professione.
So che ci sono tante donne che urlano.
So che prima o poi, ci ascolteranno.
A mia madre dico sempre: “Se domani sono io, mamma. Se domani non torno, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.”
(Cristina Torres Cáceres, attivista peruviana, 2017)
Per Martina. Per tutte. Meno mimose. Meno retorica.
Più educazione. Più diritti. Più verità.

Valentina Falletta
Professionista con consolidata esperienza nel settore pubblico e istituzionale, ho ricoperto incarichi di responsabilità in diversi Ministeri, enti locali e gruppi parlamentari, sviluppando competenze avanzate in relazioni istituzionali, consulenza giuridica e coordinamento amministrativo. Laureata con lode in Giurisprudenza, ho arricchito la mia formazione con un master internazionale in diritto e un executive course alla Luiss School of Government.