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NO ALLA IDEOLOGIA, PARLIAMO SERIAMENTE DI LAVORO. OGGI.

Sono sempre stata convinta che, come cantava Gaber, “libertà è partecipazione” (ma è anche Resistenza). Ho sempre partecipato, convinta che il voto sia un diritto fondamentale: l’unico vero strumento per garantire la democrazia. Un sistema perfettibile, certo, ma il solo che conosciamo capace di garantire libertà ed uguaglianza.

Per questo andrò a votare al referendum. E lo farò, come sempre, con convinzione e consapevolezza.

Capisco che nelle dinamiche referendarie il non voto possa talvolta essere una forma consapevole di reazione ai quesiti. Ma in un momento storico in cui il popolo non crede più nelle istituzioni al punto da astenersi – basti ricordare il crollo della partecipazione alle ultime elezioni europee – lasciare la gestione della democrazia nelle mani dei pochi che vanno a votare è pericoloso. Soprattutto nella mia terra dove sarebbe necessario avviare una profonda riflessione su chi vota, e perché.

Trovo quindi quantomeno inopportuno l’invito a non votare espresso dal Presidente del Senato, seconda carica dello Stato. Un gesto che mina il rispetto delle istituzioni fatto da una Istituzione.

Io andrò a votare, come dicevo.

Il lavoro è il tema. In esso si declinano le libertà fondamentali. Dal lavoro dipende il futuro. È stato leva del cambiamento, ispirazione di rivoluzioni sociali ed economiche, e terreno fertile per le ideologie che hanno segnato la storia del mondo.

Oggi, questo referendum dovrebbe rappresentare l’inizio di un dibattito serio e profondo sul lavoro.

Il mondo del lavoro è cambiato. Da un lato l’innovazione, in primis l’intelligenza artificiale. Dall’altro, una nuova idea di lavoro che supera il “posto fisso” per abbracciare una flessibilità orientata alla crescita personale, economica e professionale. Non conta più solo dove o quanto lavori, ma cosa riesci a realizzare. La formazione che deve seguire le richieste del mercato, ed il grande tema delle politiche conciliative (il dramma delle culle vuote) che resta sempre sullo sfondo.

Invece, in Italia nel 2025, si discute ancora di articolo 18. Spesso mentendo. Il Jobs Act ha modernizzato il mercato del lavoro. È perfettibile? Sì. Ma partiamo da qui. Era una legge innovativa, che prevedeva un monitoraggio mai effettuato. Invece di fare ideologia, parliamo di come migliorarlo davvero.

Per essere chiari io sono favorevole a un aumento della tutela risarcitoria economica: è giusto ed è un deterrente. Ma sono anche a favore di una vera flessibilità e di politiche attive serie. E basta con il “non si può fare”: non è vero. È che non si vuole fare. Questa sindrome gattopardiana che riappare ogni qualvolta si deve avere il coraggio di cambiare le cose non la tollero.

Voterò NO ai primi tre quesiti, sto riflettendo sul non ritirare la scheda al quarto: il quesito riguarda la responsabilità solidale del committente in caso di infortuni o malattie professionali subiti da lavoratori impiegati da imprese appaltatrici o subappaltatrici, condivido che il tema debba essere affrontato, ma non trovo adatto lo strumento del referendum, mentre ritengo necessario un intervento del legislatore.

Voterò SÌ all’ultimo quesito, che considero di civiltà e giustizia.

Vi diranno che votando SÌ tornerà come strumento di tutela del lavoratore licenziato all’articolo 18. Falso. Si tornerà alla legge Monti-Fornero.

Mi auguro che dopo il referendum si smetta di fare ideologia, e si cominci finalmente, con riformismo e modernità, ad affrontare il grande tema del lavoro, perché come diceva una grande donna, Tina Anselmi, “Il lavoro è libertà: perché solo chi è indipendente può essere veramente libero.

Valentina Falletta
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Professionista con consolidata esperienza nel settore pubblico e istituzionale, ho ricoperto incarichi di responsabilità in diversi Ministeri, enti locali e gruppi parlamentari, sviluppando competenze avanzate in relazioni istituzionali, consulenza giuridica e coordinamento amministrativo. Laureata con lode in Giurisprudenza, ho arricchito la mia formazione con un master internazionale in diritto e un executive course alla Luiss School of Government.

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