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ZES UNICA 2025: IL MISTERO DEGLI INVESTIMENTI TRA NOVEMBRE E DICEMBRE

Nel 2025, il credito d’imposta per la ZES Unica doveva rappresentare uno strumento semplice e potente per stimolare gli investimenti nel Mezzogiorno. La Legge di Bilancio 2025 era stata chiara: ai sensi dell’articolo 1, comma 486, sono agevolabili le spese sostenute dal 16 novembre 2024 al 15 novembre 2025. Una finestra temporale ampia, che consentiva alle imprese di muoversi con anticipo e di pianificare operazioni complesse in serenità.

Poi è arrivato il provvedimento attuativo dell’Agenzia delle Entrate, datato 31 gennaio 2025, e la storia ha preso una piega imprevista. Il documento chiarisce che sono ammissibili solo gli investimenti “realizzati dal 1° gennaio 2025”. Non solo: gli acconti fatturati prima di quella data sono agevolabili esclusivamente se collegati a beni consegnati dopo il 1° gennaio. In poche parole, tutti gli investimenti completati tra il 16 novembre e il 31 dicembre 2024 – proprio quelli esplicitamente compresi dalla norma – rischiano di restare fuori.

Il paradosso è evidente. Da una parte, la legge primaria indica un periodo agevolabile di 12 mesi pieni, a partire dal 16 novembre. Dall’altra, il provvedimento attuativo sembra comprimere quel periodo, cancellando di fatto un mese e mezzo di investimenti legittimamente pianificati. Il caso classico è quello di un’impresa che, a dicembre 2024, ha acquistato un macchinario, lo ha pagato e lo ha ricevuto. Per la legge, quell’investimento è ammissibile. Per l’Agenzia delle Entrate, forse no.

A questo punto sorgono interrogativi tecnici tutt’altro che marginali. Le spese sostenute tra il 16 novembre e il 31 dicembre 2024 vanno comunicate nella prima finestra utile tra il 31 marzo e il 30 maggio 2025, come previsto? E se il provvedimento attuativo intende davvero escluderle, su quale base può disapplicare una disposizione normativa primaria? Si rischia di aprire un vuoto interpretativo pericoloso, che penalizza proprio le imprese più virtuose: quelle che hanno investito subito, fidandosi del testo di legge.

Il problema non è solo giuridico, ma operativo. Senza un chiarimento formale, le imprese rischiano di presentare comunicazioni incomplete o errate. Le software house che sviluppano strumenti per la compilazione dei modelli si trovano a dover scegliere se seguire la legge o il provvedimento. E gli operatori si domandano se esista davvero una strategia fiscale di incentivo, o solo un gioco delle tre carte tra norme, istruzioni e interpelli.

Ancora una volta, ci troviamo di fronte a un’agevolazione ben disegnata sul piano politico, ma resa incerta e fragile dalla sovrapposizione di fonti. Sarebbe bastato poco: un coordinamento tra testo legislativo e provvedimento applicativo, una tabella riepilogativa delle date, un chiarimento preventivo dell’Agenzia. Invece, a oggi, la ZES Unica 2025 si apre con un buco temporale inspiegabile e con un dubbio che può trasformarsi in contenzioso.

C’è ancora tempo per correggere il tiro, magari con una circolare interpretativa. Ma il segnale lanciato è tutt’altro che rassicurante. L’Italia continua a legiferare in un senso e a regolamentare in un altro, e le imprese sono chiamate a investire… nel buio normativo.

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