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AUTOMOBILE, CRISI INFINITA. EUROPA E GOVERNO FANNO SPOT E NON ARRESTANO IL FLOP

Antonio Filosa è stato nominato Amministratore Delegato di Stellantis, alcuni mesi dopo le dimissioni del manager portoghese Carlos Tavares. 

L’arrivo di Filosa, italiano, 52 anni, da sempre in Fiat, una lunga gavetta sul campo, ma sempre da “uomo dell’auto”, ha riscosso consensi pressoché unanimi, nella speranza che possa fare ripartire il marchio Stellantis, per la verità alquanto appannato nell’ultimo periodo.

Ma in che contesto si troverà ad operare Filosa? E con quali prospettive?

Certamente il settore dell’automotive in Italia, ma più in generale in Europa attraversa un momento di profonda crisi. 

In Italia il 2025 si sta rivelando come l’anno del crollo senza precedenti per quanto riguarda la produzione di automobili. Nel primo trimestre, sono uscite dagli stabilimenti italiani poco meno di 110.000 unità, tra automobili e veicoli commerciali, con un calo del 36% rispetto al 2024. Il calo è ancora superiore se si guarda alle sole autovetture: 60.000 unità prodotte, con un calo del 42%. Si tratta dei numeri peggiori dal 1956!

Se l’Italia piange, l’Europa non ride. Basti pensare a quanto accaduto alla fine dello scorso anno in Germania, quando la chiusura di tre stabilimenti Volkswagen (mai successo negli 87 anni di storia del gruppo) è stato scongiurato solo a prezzo di 35.000 uscite di lavoratori entro il 2030 e di un drastico taglio della capacità produttiva, superiore a 700.000 veicoli. Su dimensioni più contenute, ma non per questo meno preoccupanti, Volvo ha recentemente annunciato il taglio di 3.000 posti di lavoro, pari al 15% del totale.

Una crisi generale, certamente dovuta in larga misura all’esplosione a livello mondiale del competitor cinese, che chiuderà il 2025 con 30.000.000 di automobili prodotte, più di tutta l’Europa e l’America messe insieme. Competere con colossi come ByD, il cui fatturato supera i 100 miliardi, un milione e sessantamila dipendenti, di cui 122 mila ingegneri che ogni giorno depositano 45 brevetti, è certamente complesso.

Ma una crisi anche correlata al costo dell’energia, enormemente più alto in Italia ed in Europa rispetto al resto del mondo, e, almeno per quanto riguarda Fiat, legata alla modesta competitività di alcuni modelli, rimasti un po’ indietro rispetto ai competitor.

Né Filosa potrà contare su un aiuto solido da parte dell’Unione europea, né tanto meno dal Governo italiano. 

Quanto all’Europa, nonostante le ripetute e diffuse sollecitazioni, la Commissione sembra non aver intenzione di deflettere dall’ideologico green deal che continua a fissare nel 2035 il definitivo stop ai motori termici. Peccato che sull’elettrico la Cina avvia un vantaggio competitivo assolutamente incolmabile, grazie al monopolio sulle batterie ed agli accordi commerciali sulla catena delle forniture delle materie prime, consolidati da quasi vent’anni.

E meno male, che, proprio in questi giorni, Parlamento e Consiglio europeo hanno concesso maggiore flessibilità nel raggiungimento dei target ambientali previsti per le emissioni, che, altrimenti, si sarebbero tradotti in pesanti sanzioni per le case automobilistiche già a partire da quest’anno.

Quanto all’Italia, Urso ed il Governo Meloni, da più di un anno a questa parte continuano a sbandierare lo slogan “Produzione di un milione di automezzi in Italia”, ma non hanno fatto nulla di concreto per favorirne il raggiungimento. Niente incentivi per l’acquisto di auto elettriche, niente accordi per favorire la produzione, niente rafforzamento della dorsale di colonnine elettriche per permettere la transizione ecologica verso questa nuova forma di trazione. 

Anzi, è notizia di questi giorni che nella ormai imminente rivalutazione degli obiettivi del PNRR è previsto lo stralcio di circa 600milioni di euro, dal momento che il dato iniziale riguardo alle colonnine di ricarica elettrica, che prevedeva l’installazione di 21.355 punti di ricarica, è stato rivisto a 12.000. Insomma, dal Governo italiano, tanti slogan, pochissimi fatti.

E allora? Cosa accadrà alla produzione di auto in Italia?

Nell’immediato, Filosa punterà certamente sul potenziamento dell’ibrido, correggendo la rotta rispetto a quanto impostato da Tavares che ha continuato ad insistere sul solo elettrico anche quando l’evidenza indicava il contrario. Costi elevati, impossibilità di avere garanzie sulla disponibilità di colonnine diffuse sul territorio, hanno bloccato nei fatti il mercato delle BEV (veicoli solo elettrici). 

A Mirafiori sarà a breve avviata la produzione della 500 ibrida (si spera di produrne 100.000 all’anno), a Cassino le nuove Alfa Romeo Stelvio e Giulia, previste in origine solo elettriche, saranno anche ibride.

Certamente Filosa farà sua la lezione di Marchionne, che riteneva fosse sostenibile in Italia solo la produzione di modelli cool e simboli del made in Italy più avanzato tecnologicamente: quindi bene la 500, vero e proprio simbolo di italianità, bene Alfa Romeo e Maserati. Maserati può, in effetti, essere un vero punto di forza con il ritorno alle origini a Modena, ma va ricostruita da zero: nel 2025 ne sono state prodotte soltanto 1000.

Ma, al momento, anche l’ibrido è a termine, secondo il freddo programma del green deal, nonostante le pressioni di tutti i produttori di auto.

E allora torniamo al punto di partenza. Filosa può fare bene, è competente, è un uomo dell’auto, è un aggiustatore, come amava definirsi Marchionne. Ma ha bisogno di un’Europa meno ideologica e più comprensiva dell’importanza della competitività industriale europea, che sappia rendere più graduali e realizzabili gli obiettivi della transizione ecologica.

E ha bisogno di un governo italiano che faccia meno spot e più fatti, che acceleri sulle colonnine, che agisca sul costo dell’energia, che imposti, finalmente, una politica industriale. 

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Ingegnere, professore universitario, già rettore dell'Università di Palermo, nonno. E' stato candidato alla carica di governatore della Regione siciliana nel 2017 con la coalizione di centrosinistra.

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