La questione del referendum merita una pacata, anche se breve, riflessione.
Di fronte a coloro che esaltano l’istituto di democrazia diretta come appello al popolo affinché decida del proprio destino senza intermediari, c’è innanti tutto da osservare che il referendum non è buono in sé stesso ovvero in quanto tale, unicamente perché fa partecipare il cittadino in prima persona a una decisione. La sua maggiore o minore utilità dipende dall’oggetto sul quale i cittadini sono chiamati a esprimere la loro opinione.
Seconda osservazione: indipendentemente delle questioni poste non si hanno più referendum validi da quasi trent’anni. Il che ha avuto una immediata e negativa conseguenza nell’immaginario collettivo: tanto rumore per nulla, i referendum non servono a nulla.
In realtà, ogni partito accetta e si impegna su un referendum o cerca di sminuirne il valore, secondo il giudizio che dà sul fine. Tanto è vero che il Jobs Act, misura introdotta dieci anni fa dal Partito Democratico, è oggi sconfessato dallo stesso PD che, rispondendo alle sollecitazioni della Cgil, invita a votare «sì» ai quesiti. Proprio perché intravede un fine dietro il quesito referendario.
Andando ai referendum del prossimo mese di giugno, ed in particolare ai primi quattro sul mondo del lavoro, pur concedendo che dopo tanto tempo si arrivasse al quorum e ad una risposta positiva ai quesiti, quanti sanno davvero che il solo effetto del grande sommovimento sarebbe quello di abrogare leggi esistenti, e che successivamente il problema sollevato dal voto popolare ritornerebbe al Parlamento per una soluzione definitiva? Un Parlamento certamente non favorevole al punto di vista della CGIL…
Inoltre, aspetto forse più rilevante di ogni altro, i referendum sul Jobs Act, se avessero successo, riporterebbero le lancette del diritto del lavoro a più di mezzo secolo addietro, con un mondo del lavoro radicalmente diverso rispetto all’attuale.
Quesiti antistorici, che non considerano quanto il mondo sia cambiato dal 1970 ad oggi, quanto siano cambiate la mentalità e le aspettative dei lavoratori. Il Pd si è gravato di una pesante responsabilità politica e sociale nel dare il suo contributo alla promozione di questi quesiti.
Quanto alla questione sulla cittadinanza per i lavoratori stranieri, è indubbio che sia più sentita, e susciti maggiore adesione nell’opinione pubblica. Spingere il tragitto verso la cittadinanza agevola l’integrazione, e rappresenta un beneficio per l’immigrato e per tutta la società. Un referendum lungimirante che guarda al futuro dell’Italia.
Per finire, non sarà inutile ripetere che, nonostante la grande passione per la partecipazione diretta, decantata dalle forze politiche occasionalmente referendarie, la percentuale dei votanti nelle prove referendarie è generalmente minore di quella dei votanti nelle elezioni. Nell’ultima prova del 2022, quella sulla incandidabilità e giustizia, si è poi assistito a un crollo al 20 per cento.
Un’ultima considerazione sul significato del quorum strutturale previsto in Costituzione (art. 75). La Costituzione paralizza l’ipotesi che l’abrogazione delle leggi possa avvenire da parte di minoranze esigue di cittadini, capaci di avvantaggiarsi dell’inerzia (e quindi del non voto) della maggioranza degli aventi diritto. Qui il quorum è una risorsa in più per le parti che intendono conservare la legge oggetto di richiesta abrogativa, i quali possono ottenere il risultato sperato non soltanto votando «no», ma anche non partecipando al voto.

Felice Blando
Felice Blando è ricercatore confermato di Istituzioni di diritto pubblico nel Dipartimento di giurisprudenza dell’Università Palermo. Insegna Istituzioni di diritto pubblico nei corsi di Scienze delle attività motorie e sportive e Scienze della formazione primaria dell’Università di Palermo e Tecniche alternative di risoluzione delle controversie nel corso di Consulente giuridico d’impresa del Polo di Trapani. Ha scritto più di 50 saggi, orientati soprattutto alle materie delle forme di governo e delle forme di Stato, dei partiti politici e del diritto sportivo. Come avvocato svolge il ruolo di curatore di eredità giacente presso il Tribunale di Palermo.