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5% IN SPESE MILITARI. DIFESA EUROPEA DIMENTICATA. ERRORI CHE PAGHEREMO.

Tutto è andato nella direzione voluta da Trump ed accettata dai principali leader europei con l’eccezione della Spagna. Ciascuno dei Paesi NATO si impegna ad aumentare la spesa militare dal 2 al 5% del proprio Prodotto Interno Lordo: gli investimenti strettamente militari dovranno raggiungere la soglia del 3,5% entro il 2035, mentre il restante 1,5% comprenderà voci meno dirette, come la cyber sicurezza e le infrastrutture.

Unico margine di flessibilità: una review dell’intesa fissata per il 2029. Il tutto, naturalmente, indotto e giustificato dalla minaccia incombente di una Russia che preme ai nostri confini e, dopo aver inghiottito l’Ucraina, sarebbe pronta alla ricerca di nuove prede, dai Paesi baltici, alla Moldavia, alla Polonia.

Per capire la portata enorme di questa scelta, è necessario ricordare qualche numero. Nel 2024, il PIL italiano è stato di quasi 2.200 miliardi di euro. Sempre nel 2024 lo stanziamento di bilancio sul militare era pari all’1,5% ed il ministro Crosetto prevedeva una crescita all’1,6% per il periodo 2025-2027. 

Un nuovo ricalcolo, su basi mai chiarite con precisione, ha valutato la spesa militare nel 2% già nel 2025. Prendiamolo per buono. Passare dal 2 al 5% significa, considerando una crescita del PIL in linea coi dati più recenti, aumentare le spese militari di una settantina di miliardi di euro in dieci anni. Sette miliardi all’anno in più per dieci anni. 

Ora, io capisco che il Governo voglia spacciare per infrastruttura utile per il militare il Ponte sullo Stretto in modo da inserirlo nell’1,5% anzidetto. Capisco che Crosetto ci ricordi che, da ministro della Difesa, non è in grado di garantire la sicurezza del Paese di fronte ad un attacco missilistico. Capisco che le riserve di armamenti sono vuote avendo raschiato il fondo del barile per inviare aiuti all’Ucraina.

Ma ci rendiamo conto di cosa significhi trovare sette miliardi in più ogni anno per dieci anni (impegnando quindi le scelte anche dei governi successivi a quello attualmente in carica) nell’asfittico bilancio del nostro Paese? Un bilancio gravato da un debito pubblico di quasi 3.000 miliardi di euro, corrispondente al 135% del PIL?

Cosa si dovrà tagliare, considerando che, nonostante il PNRR, il nostro PIL cresce ogni anno di percentuali da prefisso telefonico? Ricordiamo che, molto faticosamente, il Governo Meloni nell’ultima legge di Bilancio ha aumentato lo stanziamento per la Sanità di 2,4 miliardi, riuscendo soltanto a mantenere invariata la percentuale della spesa sanitaria rispetto al PIL, negli ultimi anni ferma tra il 6,2 ed il 6,3%.

O il governo comincia a pensare di ricorrere al ReArm Europe, aumentando ulteriormente l’indebitamento del nostro Paese? La Germania, che ha un debito pubblico pari al 62% del suo PIL, può forse permetterselo, anche per ri-orientare il suo sistema manifatturiero in grande difficoltà verso la difesa. Ma l’Italia?

Sono domande epocali sulle quali il governo italiano avrebbe dovuto meditare (come ha fatto la Spagna) prima di aderire al diktat di Trump.

Sullo sfondo, peraltro, rimane la questione fondamentale, e cioè quale sia la reale utilità di un riarmo sovranista, in cui ogni Paese pensa per sé, decidendo autonomamente quali armamenti acquisire. Il peggior risultato del vertice NATO di questi giorni, infatti, è che sembra definitivamente tramontata l’unica prospettiva corretta, quella di una difesa comune europea.

Per colpa della Meloni, di Rutte, della von der Leyen, si è deciso che la regia europea del riarmo, l’idea della difesa comune dovesse essere demolita. Nessuno ha ricordato al vertice che i singoli Paesi europei spendono già moltissimo in armi, nel loro complesso più della Cina, molto di più della Russia. Nel 2024 la Germani ha speso 86 miliardi, la Francia 64, la Gran Bretagna 81.

Non serve spendere di più, serve integrare le spese militari nel quadro dell’Europa, dotarsi di un unico comando ed un’unica strategia, anche e soprattutto nella scelta degli armamenti. Non si possono avere 14 tipi diversi di carri armati in Europa.

Serve un ombrello nucleare comune per la deterrenza. Serve potenziare i sistemi di difesa lì dove è prevedibile che possano realmente essere necessari in un futuro non lontano, ricorrendo a sistemi di finanziamento a livello comunitario. Serve, infine la valorizzazione delle imprese europee, anche per dare respiro ad un sistema manifatturiero che continua ad evidenziare preoccupanti segni di crisi.

Ma tutto questo non lo ha detto nessuno. E la Meloni si assume, dinanzi alla storia, la responsabilità di questi errori. 

Un’ultima riflessione: l’Italia spende per la Sanità il 6,2% del suo PIL (media europea 6,8%); per l’istruzione il 3,9% (media europea 4,7%). Ha senso spendere il 5% per le armi ed  indebolire ulteriormente questi comparti per allinearsi ai diktat di Trump? 

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Ingegnere, professore universitario, già rettore dell'Università di Palermo, nonno. E' stato candidato alla carica di governatore della Regione siciliana nel 2017 con la coalizione di centrosinistra.

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