La vicenda Almasri ripropone un clima al quale purtroppo ci siamo abituati, paralizzando le attività degli organi supremi dello Stato, che avrebbero in realtà tante altre urgenze da risolvere, tra cui, ad esempio, l’elezione da parte del Parlamento di quattro giudici costituzionali.
Si tratta di un ulteriore attacco al tessuto della nostra democrazia, logorata da strappi sovranisti e poco interessata a ottemperare a obblighi internazionali, anche laddove si tratti di orribili crimini di guerra e contro l’umanità.
Obblighi peraltro già da molto tempo acquisiti nel nostro diritto interno: la legge n. 237/2012 prevede all’articolo 2 che lo «Stato italiano coopera con la Corte penale internazionale conformemente alle disposizioni dello statuto della medesima Corte, reso esecutivo dalla legge 12 luglio 1999, n. 232». E quest’ultimo testo normativo stabilisce all’articolo 86 come «obbligo generale» che «gli Stati parti cooperano pienamente con la Corte nelle inchieste ed azioni giudiziarie che la stessa svolge».
Anche l’attività del Ministro della Giustizia prevista dalla norma è piuttosto lineare, dovendo svolgere prontamente una funzione di raccordo con la Procura Generale della Corte d’Appello.
L’articolo 2 della già citata legge n.237/2012 stabilisce che «i rapporti di cooperazione tra lo Stato italiano e la Corte penale internazionale sono curati in via esclusiva dal Ministro della giustizia, al quale compete di ricevere le richieste provenienti dalla Corte e di darvi seguito. (…) Il Ministro della giustizia, nel dare seguito alle richieste di cooperazione, assicura che (…) l’esecuzione avvenga in tempi rapidi e con le modalità dovute».
Non mi pare ci possano essere dubbi o diverse interpretazioni: avere organizzato una rapida fuga per Almasri con un aereo di Stato per la Libia si presenta come un comportamento arbitrario da parte del Governo, che richiede pertanto accertamenti dell’Autorità Giudiziaria in ordine a responsabilità penali.
Il Governo, nel mentre, sfrutta la situazione in modo demagogico e mediatico, ben sapendo che la solida maggioranza parlamentare che lo sostiene non concederà l’autorizzazione a procedere.

Ignazio Giacona
Professore ordinario di Diritto Penale presso l'Università degli Studi di Palermo