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NON SOLO POSTI LETTO: PARLIAMO DELLE CASE DELLA COMUNITA’

RICEVIAMO QUESTO ARTICOLO E LO PUBBLICHIAMO MOLTO VOLENTIERI, DA PARTE DI PIEREMILIO VASTA, COORDINATORE REGIONALE DELLA RETE CIVICA DELLA SALUTE

Va in scena la stessa rappresentazione del passato. Stavolta andando prima dai Sindaci per presentare la rimodulazione della Rete Ospedaliera che davanti a riduzioni e chiusure di reparti, ovviamente, solleva preoccupazioni di municipi e legittime proteste. 

Mettere al centro del confronto l’ospedale invece che la continuità assistenziale sanitaria e socio sanitaria, vero bisogno dei cittadini, è in contraddizione col processo riformatore dell’Assistenza Primaria. Anziché andare dai Sindaci prima a spiegare le Case della Comunità, a coinvolgerli in protagonismo e responsabilità di assicurare alle persone in bisogno la presa in cura ininterrotta ed integrata tra medicina di base, specialistica, ospedaliera, riabilitativa e soprattutto di prevenzione. Ossia deospedalizzare l’assistenza sanitaria con efficienti servizi di prossimità ed effettive alternative a ricoveri ospedalieri e pronto soccorso. Si rimane nell’ospedale al centro della discussione anziché la riorganizzazione generale del SSR, la visione riformatrice di connessione tra territorio e ospedale, vasi comunicanti da riequilibrare, e l’integrazione tra i professionisti sanitari per la cura della salute prima e dopo la malattia. La priorità della salute della comunità sulle prestazioni sanitarie. Ci si imbuca in una controversia sconsiderata perché ammesso rientrasse il taglio di 367 p.l. e le chiusure previste, senza i cambiamenti promessi dal PNRR, ancora molto lontani, nulla cambierebbe di criticità e disperazioni attuali. 

Oltre il giudizio in premessa, entrando più nel merito della rimodulazione presentata, almeno dal sapere dalla relazione di accompagnamento e dalla stampa, non sono ancora convocati gli stakeholders, si rilevano alcune carenze che non aiutano il confronto.

  1. I parametri presi in considerazione per la rimodulazione della Rete Ospedaliera si limitano agli indicatori normativi generali e dati statistici della popolazione, senza specifici dati epidemiologici territoriali di bisogni censiti e valutati. Esempio un’indagine puntuale sui posti letto ordinariamente mancanti ai ricoveri richiesti di solito dal pronto soccorso e che determinano protratta degenza in barella o firme per tornare a casa. Su questi effettivi bisogni occorre invece rimodulare.
  2. Manca uno studio attento degli accessi inappropriati al pronto soccorso e delle dimissioni precoci senza continuità assistenziale che generano altri ricoveri in mobilità territoriale. Reingressi in ospedale che senza fascicolo sanitario elettronico producono ripetizioni diagnostiche. 
  3. Infondatezza della motivazione di chiusura per scarso indice di occupazione e volume di attività nei casi di mancata copertura d’organico. 
  4. Il DM 77/2022 è solo accennato. Pertanto non emerge il disegno riformatore che faciliterebbe la convergenza sulle scelte compensative. 
  5. La mancata indicazione verificabile degli standard minimi di personale da poter assicurare, in prolungata carenza di medici specialisti e infermieri, per l’effettiva operatività degli ospedali.
  6. La premessa che riduzioni e rimodulazioni negli ospedali devono seguire e non anticipare le cure alternative nel territorio.

Il confronto male impostato fa perdere di attenzione alcune valide indicazioni innovative della proposta, tra queste:

a) introduzione di un modello innovativo di modifica del piccolo Ospedale verso il Modello di ospedale di rete integrata, con inserimento e implementazione di alcune discipline non previste (degenza ordinaria/ day service). Da meglio spiegare ed organizzare. 

b) il riequilibrio delle percentuali, per singola provincia dei parametri dei posti letto per acuti e dei posti letto per post acutie; 

c) l’attivazione di nuovi posti letto per branche carenti, al fine di raggiungere lo standard regionale e ridurre la mobilità sanitaria passiva. 

d) la previsione di posti letto di ortogeriatria all’interno della dotazione già prevista delle aree di medicina o di geriatria.

Per il miglioramento della salute in Sicilia, ben più dell’ospedale bisogna dare importanza all’attuazione dell’autentica Casa della Comunità (CdC), punto di riferimento ed accesso dei cittadini al sistema di assistenza sanitaria e sociale dove trovare risposta ad un proprio bisogno di salute.  Dove poter entrare in contatto con un sistema di welfare comunitario finalmente integrato. Cioè essere presi in carico ed accompagnati senza più dover inseguire servizi sanitari disconnessi tra loro e inoltre separati da quelli sociali. 

La CdC deve diventare il punto d’incontro tra soggetti, istituzioni e istanze sociali per la tutela della Salute in tutte le sue manifestazioni (salute fisica, mentale, sociale, ambientale e climatica). 

È su questo grande progetto, cui sono destinate rilevanti risorse, in cui la comunità degli assistiti non è solo destinataria di servizi ma parte attiva nella valorizzazione delle proprie risorse sociali e competenze, che l’Assessore della Salute dovrebbe informare, motivare e mobilitare i Sindaci ed aprirsi a considerare il valore delle conoscenze (la vita vissuta delle Persone) e delle competenze (la sussidiarietà dei cittadini) una leva di forza da valorizzare.

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