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QUEL SENSO DI LEGALITA’ CHE IN SICILIA SEMBRA ORMAI PERDUTO…

Da tanti anni mi capita, scrivendo, partecipando a pubblici incontri o semplicemente chiacchierando con amici o conoscenti di vantare la mia vicinanza, o direi appartenenza, ai movimenti del ’68 come vengono comunemente intesi e di esser cresciuto, pure da adulto esercente una libera professione, con la cultura post-sessantottina.

A quelli che vantano fede progressista e di sinistra dubitando della tua, rispondo che per metter in dubbio la mia di fede, bisognerebbe che mi esibissero le suole delle scarpe come le mie consumate percorrendo con i cortei di allora le strade di Palermo dalla Stazione al Teatro Politeama e viceversa.

E così che mai e poi mai mi sarei immaginato di scrivere quanto appresso, seppur consapevole che i tempi cambiano e le valutazioni su periodi storici, personaggi politici e non solo vanno periodicamente rivisitate alla luce degli accadimenti e di evoluzioni e involuzioni che son seguite.

Ricordo bene, solo per fare un esempio, quanto uno dei principali bersagli delle nostre invettive durante le proteste fosse Gianni Agnelli, capo e padrone della Fiat che tardava a riconoscere i diritti reclamati da lavoratori e sindacati ma che alla fine la storia ha in qualche misura rivalutato.

Sono stato sconvolto come tutti da quanto accaduto a Monreale alla fine del mese scorso, ma emotivamente più coinvolto di altri in quanto (già) cittadino d’adozione della città normanna e con diversi amici e conoscenti monrealesi, persino di alcuni testimoni a vario titolo della assurda vicenda.

Eppure, aldilà di alcune altre considerazioni legate all’atroce assassinio di tre giovanissimi bravi ragazzi, mi capita ogni giorno, percorrendo la mia Palermo o persino davanti una scuola elementare/media dove staziono quasi quotidianamente in attesa dell’uscita di un nipote acquisito, di riflettere e tormentarmi e arrabbiarmi su quanto sia assente e inesistente il senso diffuso di legalità.

Legalità percepita, intendo dai cittadini a qualunque sfera sociale appartengano, come dovere di rispettare regole anche basilari.

Nessuno pare percepire preoccupazione alcuna sulla possibilità che si venga fermati e/o banalmente multati per infrazioni stradali e non solo. Non capitava più da anni di veder gente in motorino senza il casco (per non parlare di quanto sembri loro dar fastidio irrimediabile se lo indossano di allacciare il cinturino di sicurezza) eppure davanti quella scuola mi capita spessissimo di vedere giovani papà che arrivano in ciclomotore a prendere i figli/e e li portano sul sellino dello scooter o persino davanti a loro che guidano senza casco.

Questo è solo un esempio, quello più eclatante forse, ma non dimenticherei di come il palermitano, mai stanco di lamentare lo stato di abbandono della città da #hastatoOllando a #machifàstuLagalla, rispetti orari e modalità di conferimento dei rifiuti o magari, dopo aver finito di lamentarsi di qualcosa al bar con qualcuno, esce dal locale e lancia per strada la cicca della sigaretta appena fumata quando magari ha proprio di fianco, davanti l’entrata del bar, un grande portacicche, mentre passa di lì una utilitaria con musica diffusa a un volume da discoteca. Ma potrei continuare (ma qui si passa sul piano dell’educazione cui dedicherei forse un altro capitolo) fino all’uso dappertutto del cellulare in vivavoce compreso in auto.

Ecco per tornare a quanto detto sopra, mai mi sarei immaginato di stare a invocare un maggior controllo del territorio cosa certo banale se limitata alle grida social, ma per niente scontata se l’effetto che sortisce questa mancata percezione della legalità porta i risultati cui ho accennato ma che tutti vediamo credo.

Risultati che, avanzo il dubbio, involvono specialmente nei più giovani in direzioni pericolose, anche su quelli di famiglie abbastanza o decisamente agiate dove padri e madri, quelli della generazione genitori social, invocano davanti ai figli e amici (sentito con le mie orecchie quel 28 Aprile scorso in un consesso amicale/sportivo) la pena di morte con esecuzione in publica piazza non solo degli assassini, ma pure dei loro genitori.

Termino precisando che l’invocazione a un controllo di legalità non necessariamente contiene una invocazione a uno stato di polizia o all’esercito per strada ma, in linea con i sistemi di comunicazione social, basterebbe credo cominciare col diffondere attraverso comunicati e interventi presso i giornali o i siti online notizie riguardo a sanzioni ripetute per chi contravviene appunto al basilare rispetto della legalità.

Francesco Macchiarella
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Nato nel 1953, avvocato civilista patrocinante presso le Magistrature superiori. Già giornalista pubblicista e praticante dell'equitazione a livello agonistico. Cinefilo d'antan ed innamorato della scrittura.

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