La notizia dei dazi imposti dall’amministrazione Trump era attesa da settimane e ha già fatto registrare un impatto negativo nelle esportazioni siciliane verso gli Stati Uniti. Molti ordini sono stati cancellati, soprattutto per quanto riguarda il vino siciliano, perché sarebbero comunque arrivati dopo l’imposizione dei dazi.
Non c’è stato ancora l’annuncio di una tariffa del 200% sui vini, ma la tariffa del 20% è comunque molto penalizzante anche perché non riguarda solo i vini ma tutta la produzione europea, compreso dunque tutto il settore agroalimentare siciliano.
In realtà, la Sicilia esporta molto poco rispetto al proprio PIL. Le esportazioni si attestano sui 9 miliardi di Euro circa, e dunque intorno al 10% del PIL siciliano. Ma la gran parte delle esportazioni siciliane è destinata all’area UE e, per giunta, riguarda in modo largamente preponderante i prodotti legati all’industria di trasformazione del petrolio, a sua volta importato e raffinato o trasformato dall’industria petrolchimica siciliana.
A conti fatti, l’export siciliano verso gli Stati Uniti riguarda fondamentalmente i settori dell’agroalimentare, e delle apparecchiature elettriche. I settori siciliani dell’agroalimentare (+4,3%) e delle apparecchiature elettriche (+57,8%) sono proprio tra quelli che hanno segnato maggiore incremento nel 2024. Questo incremento è dunque destinato a ridursi notevolmente perché una tariffa del 20% è fortemente penalizzante. La tariffa colpisce oltretutto due tipi di prodotti che hanno registrato grandi sforzi di investimento in marketing e logistica per l’export negli USA: il vino e l’olio d’oliva.
Nel breve termine è dunque lecito aspettarsi una crisi nel comparto legato a queste produzioni. Esistono altri sbocchi di mercato e probabilmente saranno anche fruttuosi nel medio termine, ma richiedono comunque grandi investimenti in marketing e logistica per lo meno per un certo periodo.
Tuttavia, l’impatto più grande dei dazi americani sull’economia siciliana si produrrà verosimilmente nel medio-lungo termine e sarà molto più pervasivo penalizzante. Sono impatti per lo più indiretti per una economia come quella siciliana che rimane comunque “a traino” di economie notevolmente più sviluppate e più forti.
Il primo impatto, negativo, già in essere è l’incertezza. Ad esempio, a proposito della filiera del vino, rimane l’incertezza su un eventuale aumento dei dazi specifici al 200%, il che eliminerebbe ogni speranza di esportazione negli Stati Uniti, vanificando decenni di investimenti in marketing e logistica. Un aumento della tariffa sui vini europei da parte di Trump non è solo possibile, ma persino probabile nel momento in cui l’Unione Europea reagirà alla guerra commerciale appena dichiarata da Trump.
Ma l’incertezza non riguarda solo questo settore. Si tratta infatti di una incertezza sulle politiche commerciali degli Stat Uniti che continuerà per tutto il periodo di presidenza-Trump e ben oltre. L’incertezza in termini economici è un costo, salato. Soprattutto se si tratta di una incertezza riguardo alla credibilità dell’eventuale compratore, in questo caso le aziende importatrici americane che sono costrette a patire le follie e la volatilità intrinseca della politica commerciale di Trump.
Ma le notizie negative per l’economia siciliana non terminano qui. Purtroppo, la nuova politica commerciale dell’amministrazione-Trump porterà a ben altri disastri che la devastazione dell’export siciliani di vini e olio d’oliva, o la sola incertezza riguardo a quali nuove tariffe saranno comunicate. Le attese sono infatti quelle di una recessione americana e mondiale di proporzioni difficilmente quantificabili ma certamente devastanti. I segnali delle borse, soprattutto quelle degli Stati Uniti, dimostrano che una recessione mondiale è dietro l’angolo e potrebbe trasformarsi in depressione in breve tempo.
In buona sostanza, il quadro macroeconomico globale si deteriorerà già entro il 2025 in maniera significativa e continuerà a deteriorarsi progressivamente per un ciclo negativo che potrebbe durare anni, a meno di una rimozione dell’amministrazione al momento alla guida degli Stati Uniti.
Al netto di tragedie ancora più drammatiche, come guerre militari oltre che commerciali, la crisi mondiale colpirà inevitabilmente le economie mondiali più deboli: soprattutto quelle nei paesi in via di sviluppo. Ma anche nelle aree a forte economia come l’Unione Europea, la crisi colpirà in maniera più dura le regioni economicamente e socialmente più deboli, tra le quali la Sicilia.

Gabriele Bonafede
Master in Public Policy and Planning alla facoltà d’economia della Northeastern University di Boston, USA (1993), Gabriele Bonafede è dottore di ricerca in Pianificazione Territoriale (1994). Nel 1996 si è specializzato in Regional Studies in Developing Countries al MIT di Cambridge (USA). Dal 1992 lavora quale economista nell’ambito della cooperazione internazionale, principalmente per progetti e programmi di sviluppo finanziati da UE, GIZ, ADB, EBRD, EEA, SDC e altri donors internazionali.