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FAVARA. L’ACQUA NON C’E’. MA LA RASSEGNAZIONE SCORRE…A FIUMI

Bivona (Agrigento). Esterno giorno.

C’è una piccola coda di persone alla fontana sulla collina, lungo il tracciato della ex ferrovia. Di solito si viene qui perché l’acqua è buona, è di sorgente e sgorga poco più a monte. 

Da qualche tempo questo luogo è metà di tutti noi che dobbiamo fare i conti con la carenza idrica che affligge tutto il territorio dell’Isola.

Ci conosciamo tutti, noi lì in attesa con il nostro bagaglio di damigiane, taniche e bottiglie; tutti tranne un signore che, arrivato per primo ed è intento a fare scorta di acqua attrezzato di tutto punto.

Il pianale del suo fuoristrada ospita dei vassoi che terranno ben fermi i recipienti; un tubo di gomma collegato al rubinetto della fontana assicura che il travaso sia rapido e senza sprechi.

Tra di noi ci interroghiamo su chi sia e da dove venga questo ombroso personaggio; non dice una parola; sposta con cura l’estremità del tubo da una tanica all’altra e nemmeno alza lo sguardo. 

Mentre lui si adopera perché nemmeno un goccio d’acqua vada sprecato, mi accorgo che proprio accanto alla fontana, proveniente, credo, dalla sorgente, scorre una roggia ed è tanta l’acqua che scende verso la valle. Che sia troppo chiedersi perché non venga convogliata verso le cisterne dell’acquedotto? Vabbè…

La curiosità è tanta e monta tra i presenti.

Da queste parti non si dice “Chi è?”, ma “A cu appartene?”, di quale famiglia del posto sarà mai prossimo o remoto parente questo sconosciuto? 

Uno di noi rompe il silenzio – se ne dovrà pure venire a capo, no? – ed interpella col “Voi” il presunto “ladro di acqua” le cui taniche sembrano non finire mai. 

“Miiii ma quanti ne ave”, borbotta qualcuno. “Da dove venite?

E lui: “Io vengo di Favara”.

Lo stupore è generale.

Come? Da Favara? Ma siete di passaggio o ci siete venuto apposta?”, domanda lecita perché Favara è a Sud Est di Agrigento e dista una settantina di chilometri da Bivona.

Ci vengo apposta” risponde questo signore che ai miei occhi appare come un eroe di altri tempi.

A Favara -prosegue- siamo ammare (a mare, significa qualcosa tipo “siamo messi male”), l’acqua non ce la danno, così vengo qua”.

Mi scappa uno “Sti cazzi” poco siciliano mentre rivedo me “sulla strada pi Girgenti”, quando andavo a lavorare presso il carcere che è alle porte della città di Favara; poco meno di un’ora e mezza all’andata, poco meno di un’ora e mezza al ritorno; e penso a cosa costi a quel signore ogni singolo litro d’acqua che viene a prendere qui.

Ai suoi occhi noi siamo dei privilegiati, cittadini inconsapevoli di una specie di capitale dell’acqua. E in effetti la conformazione del territorio, le numerose sorgenti non farebbero mai immaginare che la crisi idrica sia arrivata fino a qui. 

Dopo mezz’ora, il mio eroe favarese agita la mano, ringrazia per la pazienza e parte in direzione Agrigento.

Ci guardiamo in faccia. Esclamo un “Mah!” perplesso e torno alla realtà.

Mi rivolgo a due cognati, anche loro in attesa, che sembrano avere pochi contenitori da riempire. “Solo quelli?” chiedo. “Si, si, solo questi”. “Allora passate avanti”.

In realtà le loro taniche e damigiane non sono né poche né tante, di certo molte di meno di quelle che stavano viaggiando verso Favara.

Penso a quel signore che se ne è andato rassegnato e magari contento.

Da queste parti la rassegnazione scorre a fiumi, molto più dell’acqua, ed è pure peggio.

DARIO ALBERTINI
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Appassionato di comunicazione, soprattutto radiofonica, dirige un podcast di divulgazione culturale e promozione della lettura con la collaborazione di docenti, giornalisti, scrittori e editori. È consulente di marketing digitale e formatore all'uso consapevole dei social media.

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