Sotto la copertura di un «programma di formazione professionale» un sito Web russo attira giovani donne africane.
Le immagini sul sito sono invitanti: ragazze nere che sorridono, leggendo sedute su letti a castello. Si direbbero universitarie in vacanza studio. In realtà, sono operaie africane reclutate dalla Federazione Russa per assemblare droni in fabbriche del remoto Tatarstan, un migliaio di chilometri a est di Mosca e circa 1.500 dal confine ucraino. Quei droni sono gli stessi che bersagliano, a centinaia, le città ucraine e che l’Iran ormai fornisce sempre meno e solo a pezzi.
Non è una novità che Mosca attinga manodopera dagli Stati africani “amici” per lavori che i russi non trovano economicamente attraenti. Nel Paese la disoccupazione è al 2% e per gli uomini delle regioni più povere arruolarsi nell’esercito è più remunerativo che lavorare in fabbrica.
Secondo l’inchiesta di Le Monde, dal 2023 sarebbero centinaia le africane che svolgono manualmente le delicate operazioni di precisione (per questo vengono preferite le mani di giovani donne) richieste dal montaggio di parti dei droni iraniani con componenti elettroniche fabbricate in Cina.
Dall’analisi delle immagini satellitari di uno stabilimento in un’area della Russia definita Zona Economica Speciale di Alabuga, nella repubblica del Tatarstan, si è accertata la presenza nella fabbrica di circa 200 donne di età compresa tra i 18 e i 22 anni provenienti da tutta l’Africa. Le lavoratrici straniere viaggiano in autobus dai loro alloggi alla fabbrica, superando numerosi controlli di sicurezza. Condividono dormitori e cucine e sono “sorvegliate 24 ore su 24”
Le donne, che Associated Press (AP) è riuscito ad intervistare, hanno dichiarato di essere state imbrogliate, avendo accettato la proposta di prendere parte ad un presunto programma di studio-lavoro in Russia, ritrovandosi invece forzate a lavorare poi per lunghe ore sotto costante sorveglianza, senza ricevere il promesso salario e l’accesso allo studio, e dovendo maneggiare sostanze chimiche caustiche che lasciano la loro pelle butterata e pruriginosa.
Il reclutamento forzoso che ha interessato donne provenienti da vari paesi tra cui Uganda, Rwanda, Kenya, Sud Sudan, Sierra Leone e Nigeria, supplisce la carenza di manodopera locale a causa della guerra. L’operazione, secondo i dati raccolti, si va espandendo anche altrove, in Asia e in America Latina.
Siamo di fronte all’ennesima violazione degli accordi ONU per i diritti umani del regime di Putin: traffico illecito di esseri umani e reclutamento fraudolento per lo sfruttamento di donne.
Putin è un criminale di guerra e questo orrore si aggiunge ai crimini commessi in Ucraina.
Ai filoputiniani italiani finto pacifisti dico, VERGOGNATEVI, siete complici di un criminale di guerra.
Commercialista e Revisore legale. Per oltre 30 anni impegnata nell’associazionismo d’impresa e, dal delitto di Libero Grassi, nell’associazionismo antiracket e antiusura. Vicepresidente Comitato Pari Opportunità ODCEC di Palermo. Componente di Giunta della Camera di Commercio di Palermo-Enna per due mandati e componente del Consiglio Camerale per quattro mandati fino al 2023. Responsabile Pari Opportunità di Italia Viva Sicilia