Superati i primissimi giorni del clamore mediatico, mentre, comunque, le indagini fanno il loro corso, proviamo a ragionare con calma sul caso Galvagno. Nella consapevolezza di quanto difficile sia ragionare con calma in un Paese (ed in una Regione) in cui garantismo e giustizialismo si alternano senza pause e gli stessi attori sono spesso, a seconda della convenienza, forcaioli o garantisti.
Noi restiamo fermamente garantisti, nella convinzione che i processi si fanno nei tribunali e mai sui giornali, sui siti di informazione o nell’aula dell’Assemblea Regionale.
Ciò premesso, tuttavia, rimane l’analisi politica dei fatti e le conclusioni, anch’esse politiche, che se ne possono trarre.
E allora emerge, senza tema di smentita, che il presidente dell’ARS era parte integrante, anzi protagonista in prima persona, di un sistema di spartizione di denaro pubblico, sotto forma di finanziamenti per manifestazioni culturali, benefiche, ricreative, senza regole precise, basato su meccanismi del tutto arbitrari.
Emerge altresì che questo sistema trovava la sua massima espressione nel settore del Turismo, in cui l’arbitrarietà raggiungeva l’apice ed in cui la governance, governo regionale dopo governo regionale, restava comunque appannaggio costante di Fratelli d’Italia.
Emerge, infine, che questo sistema prevedeva la partnership di privati, associazioni, fondazioni, che erano destinatari e gestivano questo denaro, rendendone naturalmente utilità di vario tipo agli esponenti politici erogatori.
Tutto questo si inserisce in un contesto più ampio e generalizzato, in cui l’approvazione all’ARS di provvedimenti normativi, in primis delle manovre economiche, è soggetto all’inserimento nella manovra delle famigerate mance inserite in maxiemendamenti omnibus: finanziamenti ai singoli deputati per rispondere alle cosiddette esigenze territoriali, in realtà per foraggiare clientele ed assicurarsi consensi.
Questo è il sistema, di cui è stato garante e protagonista il presidente dell’ARS, Galvagno, secondo quanto emerge senza tema di smentita dalle indagini in corso. La frase: “nascondete il business dietro la parola cultura”, tratta da una intercettazione, è emblematica di un sistema marcio ed ipocrita, che usa la cultura ed i soldi pubblici per garantire prebende e mantenere clientele.
Non entriamo minimamente sugli aspetti giudiziari: ma esprimiamo valutazioni politiche.
Questo sistema, che Davide Faraone ha appropriatamente definito Pagnottacrazia, che altri osservatori chiamano Pagnottismo, è insieme causa ed effetto del mancato sviluppo della Sicilia, terra che non produce e che non cresce anche a causa di logiche parassitarie ed esclusivamente basate sullo sfruttamento delle risorse pubbliche.
Ed è sulla base di questo giudizio politico che condanniamo l’operato del Presidente Galvagno.
Le eventuali responsabilità penali saranno accertate dalla Magistratura; noi denunciamo il sistema di malgoverno di cui è ed è stato garante, insieme al Presidente della Regione che, nel tempo, ha messo a disposizione le risorse per rendere possibile questo sistema.
E ci domandiamo quali possano essere le ragioni del silenzio assordante della Presidente del Consiglio dei ministri e leader nazionale di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che non ha disposto per Galvagno l’espulsione dal partito, come invece ha fatto con altri esponenti certamente meno compromessi.
Al contempo, crediamo che sia necessaria una svolta. Crediamo che sia ineludibile la costruzione di un’alternativa che metta al centro del suo programma una serie di riforme per:
- cancellare il sistema dei maxiemendamenti omnibus;
- stabilire criteri rigorosi ed oggettivi per la concessione dei finanziamenti a valere su risorse pubbliche;
- stabilire criteri rigorosi ed oggettivi per individuare gli attuatori delle iniziative realizzate a valere su risorse pubbliche con sistemi di selezione basati sul merito e sulle competenze e non meramente sull’amichettismo come è avvenuto fino a questo momento.
Ingegnere, professore universitario, già rettore dell'Università di Palermo, nonno. E' stato candidato alla carica di governatore della Regione siciliana nel 2017 con la coalizione di centrosinistra.
Proprio così. L’amichettismo impera incontrastato nell’arcipelago della destra, nonostante le battute acide verso l’opposizione delle sorelle Meloni. E dai giornali apprendiamo che l’attivismo di Galvagno e di alcune solerti signore era finalizzato a costruire il consenso per il futuro presidente della Regione. E chissà, per qualche prossimo ruolo assessoriale o carica istituzionale. A suon di finanziamenti pubblici e della sempre provvidenziale beneficenza.
Amichettismo. Finte onlus. Fondazioni benefiche che i soldi li tengono loro per i festini in villa. Donazioni inesistenti a enti benefici. Fondi a ospedali che non esistono. Devo continuare??