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MOSTRA SU MATTARELLA. L’ULTIMO STRATEGA DEL SUD

Il bilancio dei primi giorni della mostra su Piersanti Mattarella, presidente della Regione siciliana ucciso dalla mafia il 6 gennaio del 1980, fratello dell’attuale capo dello Stato, è già soddisfacente. Gli ingressi alla mostra, che si svolge presso i locali di Villa Zito a Palermo, hanno infatti già ampiamente superato il migliaio. 

Bel risultato che può riaprire un discorso politico e culturale più che necessario con i tempi che corrono. Ha ragione Giovanni Grasso, autore di una bella biografia del presidente ucciso. Bisogna liberare Mattarella dal caso Mattarella. Non fu soltanto un grande presidente, un protagonista formidabile nel contrasto della criminalità organizzata. Fu molto di più. 

Direi l’ultimo politico meridionalista. Per il Sud elaborò un progetto ed una strategia che, fin quando fu in vita, cominciava a percorrere passi importanti. La sua strategia era complessa. Muoveva su più fronti, e su tutti sapeva destreggiarsi con innegabile sapienza. 

Erano cinque i pilastri del suo progetto. Primo: l’isola meno isola. Si doveva uscire da un isolamento che vedeva la Sicilia sempre più perdere quota. Se il Sud andava male, la Sicilia andava peggio. Se avesse vissuto fasi di crescita, la Sicilia sarebbe cresciuta meno delle altre regioni, meno della Puglia e della Campania, per esempio. E quando gli si chiedeva il perché, Mattarella rispondeva senza remore: “Scontiamo il prezzo di una marginalità geografica che è anche economica…”

Secondo pilastro: rompere questo isolamento integrando sempre più la Sicilia in un fronte delle regioni meridionali. Perché il Sud avesse più peso a Roma nelle decisioni di spesa che dessero, al suo territorio, capacità di attrarre investimenti dal Nord e dal mondo. 

Terzo pilastro era l’industria. Senza un modello di economia che avesse al centro l’impresa, non credeva ci sarebbero state né crescita né sviluppo sociale. Volle per questo contatti strategici con gli industriali lombardi prima, con quelli tedeschi dopo. 

Il quarto era l’Europa. Diceva: “una Sicilia nuova deve sapere andare oltre lo stretto e oltre le Alpi.” Forte fu il suo impegno per portare in Sicilia Roy Jenkins, massimo esponente della Comunità Europea.

 Il quinto pilastro era incentrato su una “nuova regione”. Che lui vedeva come base su cui costruire gli altri quattro. Punto cruciale il passaggio dalla obliquità del potere alla trasparenza. Era assertore irriducibile di una svolta morale senza moralismi di maniera. Fu invece riformista autentico. Attuò svolte istituzionali importanti. Insisteva sempre su quella esigenza di carte in regola senza cui la Sicilia non avrebbe avuto, in Italia e nel mondo, lo slancio che le era necessario per uscire dal sottosviluppo. 

Spinse importanti riforme, come quella sulla burocrazia e quella sulla contabilità. Istituì il Consiglio dei 15, mettendo attorno ad un tavolo i maggiori esperti di diritto, siciliani e no, per impostare un cambiamento dell’amministrazione. 

Non ci sono parole migliori, per descrivere la sua figura, di quelle di Giancarlo Caselli in una intervista a Repubblica: Piersanti Mattarella, un democristiano onesto e coraggioso ucciso perché onesto e coraggioso”. 

Il suo progetto è ancora attuale. Ma tutto si fermò con lui. È necessario riportarlo all’ordine del giorno. Riprenderne i punti di fondo. E rimetterlo al centro delle agende politiche a Palermo e a Roma. Questa mostra è importante anche per questo.

GIOVANNI PEPI
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Un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

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