FUORI LA GUERRA E LEONARDO DA UNIPA!
Era la scritta che campeggiava sul lenzuolo appeso fuori dell’Edificio 19 in Viale delle Scienze, all’interno del Campus dell’Università di Palermo. Firmato da un collettivo studentesco con in evidenza una bandiera palestinese.
Pensate cosa sarebbe successo se, per uno strano scherzo del destino, il presidente americano Trump si fosse trovato a passare in quel luogo in quel momento.
Quanto meno la rottura delle relazioni diplomatiche con l’Italia ed il suo governo, e, di conseguenza, da parte di quest’ultimo, l’azzeramento del Fondo di Funzionamento Ordinario per UniPa. Nel mio piccolo: niente stipendio.
È uno scherzo, naturalmente e per fortuna. Ma non è molto diverso da quello che sta succedendo nelle Università americane e ad Harvard in particolare.
Si, parliamo di Harvard, l’Università più antica d’America, fondata nel 1636, che ha formato sette Presidenti degli Stati Uniti e ha vinto 161 Premi Nobel, praticamente in tutte le discipline. Adesso “Harvard non può più essere considerata nemmeno un luogo di studio dignitoso e non dovrebbe essere inclusa in nessuna lista delle migliori università o college del mondo“, come ha dichiarato Trump sui suoi social, “Harvard insegna odio e stupidità e non dovrebbe più ricevere fondi federali“.
Perché tutto questo? Molto semplicemente perché Harvard ha portato avanti, secondo Trump, programmi ostili ai valori conservatori; ma anche, sulle ammissioni ai corsi, prevede quote riservate alle minoranze; infine, non ha represso, con la dovuta energia, le proteste definite antisemite contro la sciagurata politica di Netanyahu a Gaza ed in Palestina.
Harvard è, in qualche modo, il capofila della cultura woke, che la nuova Amministrazione a Washington considera il male assoluto.
Di qui il congelamento di oltre due miliardi di fondi federali destinati all’Ateneo, la minaccia di revocare lo status fiscale di ente no profit, insieme a quella di limitare i visti per gli studenti stranieri, tradizionale punto di forza delle migliori Università americane.
Ancora, l’obbligo di consegnare gli elenchi degli studenti stranieri che avevano manifestato contro Israele, il blocco di alcuni corsi non allineati, l’introduzione nella governance dell’Ateneo di alcune figure dirigenziali che controllassero il rispetto delle direttive emesse dalla Casa Bianca.
Un vero e proprio commissariamento dell’Ateneo.
Per fortuna (è notizia di ieri), più di 180 college ed Università degli Stati Uniti (tra cui MIT, Yale, Princeton, Columbia) hanno reagito congiuntamente, firmando un documento che denuncia “l’interferenza governativa e politica senza precedenti che oggi mette in pericolo l’istruzione superiore”. Hanno alzato un muro, contro la crociata lanciata da Trump e dal suo fedele Vance contro le istituzioni culturali, sempre più considerate un covo liberal, fomentatore di idee pericolose e nemico.
Non c’è dubbio che il concetto stesso di Università, luogo di elaborazione di pensiero critico, tempio della libertà della ricerca scientifica sia a rischio. Perché le Università formano le competenze del domani e per questo fanno paura alle democrature di questi tempi, dagli USA, all’Ungheria, alla Slovacchia.
Ingegnere, professore universitario, già rettore dell'Università di Palermo, nonno. E' stato candidato alla carica di governatore della Regione siciliana nel 2017 con la coalizione di centrosinistra.